
Note
- crature: creature, figli.
- mommò viè tata: fra un po’ viene papà.
- provedeteme: pensate a me, aiutatemi.
- viscere mie care: l’espressione corrispondente potrebbe essere “sangue del mio sangue”.
- accorata: ferita al cuore, disperata.
- Lui quarche… abbuscata: vostro padre (lui) certamente avrà guadagnato (abbuscata) un po’ di denaro.
- Pijeremo: prenderemo, acquisteremo.
- Si capissivo: se voi poteste capire.
- ojo: olio, per accendere il lume.
- nun mettete: non metterti, non stare.
- viè: vieni.
- t’ariscalla: ti riscalda.
Commento
Ancora un quadro tipicamente belliano, questo della “famiglia poverella”, con cui concludo la breve rassegna dei sonetti presentativi. Possiamo tuttavia trarre qualche considerazione di carattere generale.
Belli sembra voler capovolgere i naturali rapporti di forza fra le classi: è la plebe, dal fondo della piramide, che giudica chi sta sopra di lei.
Lo Stato teocratico si basa, per il poeta, sull’ingiustizia e sulla sopraffazione, la miseria è la condizione immutabile della plebe, eppure in questo misero stato essa è più buona, più umana, ed il giudizio sulle classi elevate, diretto o indiretto, è sempre feroce.
Così gli umili sono i giudici, sono seri nella loro misera condizione, nella loro spicciola filosofia, ed i potenti vengono coperti di ridicolo, ridotti a macchiette.
È un modo schietto ed autentico di ristabilire l’eguaglianza: se nella storia i rapporti di forza stabiliscono che il potente giudichi il plebeo, nella vita quotidiana descritta dal Belli è l’umile che veramente sa giudicare e comprendere la commedia spesso amara della vita.