Il coro di Ermengarda
Sparsa le trecce morbide
sull’affannoso petto,
lente le palme, e rorida
di morte il bianco aspetto,
giace la pia, col tremolo
sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto; unanime
s’innalza una preghiera:
calata in su la gelida
fronte, una man leggiera
sulla pupilla cerula
stende l’estremo vel.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
mente i terrestri ardori;
leva all’Eterno un candido
pensier d’offerta, e muori:
fuor della vita è il termine
del lungo tuo martir.
Tal della mesta , immobile
Era quaggiuso il fato;
sempre un obblio di chiedere
che le sarìa negato;
e al Dio de’ Santi ascendere,
santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
pei claustri solitari,
tra il canto delle vergini,
ai supplicati altari,
sempre al pensier tornavano
gl’irrevocati dì;
Alessandro Manzoni – continua domani.