Canto notturno di un pastore errante dell’Asia – 4
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
che sì pensosa sei, tu forse intendi,
questo viver terreno,
il patir nostro, il sospirar, che sia;
che sia questo morir, questo supremo
scolorar del sembiante,
e perir dalla terra, e venir meno
ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a quel suo dolce amore
rida la primavera,
a chi giovi l’ardore, e che procacci
il verno co’ suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate al semplice pastore.
Spesso quand’io ti miro
star così muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovvero con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?
Giacomo Leopardi – continua sabato
Note alla poesia
che sia questo… sembiante: che cosa sia la morte, quest’ultimo impallidire.
perir dalla terra: sparir dalla terra.
e venir meno… compagnia: ed abbandonare i consueti teneri legami familiari e di amicizia.
il frutto: il vantaggio.
a qual suo… ghiacci: che senso, che utilità abbia l’avvicendarsi delle stagioni, a chi sorrida la primavera, che utilità abbiano l’ardore dell’estate ed il gelo dell’inverno.
a che: perché, per quale scopo.
facelle: luci (delle stelle).