Canto notturno di un pastore errante dell’Asia – 5
Così meco ragiono: e della stanza
smisurata e superba,
e dell’innumerabile famiglia;
poi di tanto adoprar, di tanti moti
d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
girando senza posa,
per tornar sempre là donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so. Ma tu per certo,
giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell’esser mio frale,
qualche bene o contento
avrà fors’altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d’affanno
quasi libera vai;
ch’ogni stento, ogni danno,
ogni estremo timor sùbito scordi;
ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
tu se’ queta e contenta;
e gran parte dell’anno
senza noia consumi in quello stato.
Giacomo Leopardi – continua e finisce domani
Note alla poesia
e della stanza… non so: e non riesco a vedere, a capire alcun vantaggio, alcuna utilità dell’universo (della stanza smisurata e superba) e degli uomini e degli animali e delle piante così numerosi e dell’incessante affannarsi perpetuamente di tutte le cose celesti e terrene che si muovono senza posa per ritornare al punto dal quale sono partite.
degli eterni giri: del moto universale.
degli eterni giri: del moto universale.
dell’essere mio frale: della mia fragile esistenza.
contento: vantaggio.
posi: riesci a trovare pace, quiete.
tedio: noia, fastidio, angosciosa inquietudine.