Il Maestro di Bottega ed il guappo in abito da festa. – 2
Laonde l’uomo inferiore procura transatare almeno con l’ingiustizia della sorte; e così non potendo essere un galantuomo ogni giorno, vuol esserlo almeno la festa. Arrivata dunque quest’epoca in cui, osservatore scrupoloso de’ precetti, rimansi dall’opera, depone il meschino, o almeno poco aggradevole arnese, ed eccolo uomo nuovo in novelle forme. Larghi calzoni a quadrati da metter paura ad un cieco, una cravatta di un rosso fiammeggiante, che gli cinge, o piuttosto gli assedia il collo, alta ben cinque dita, sormontata da un enorme nodo, le cui punte svolazzano alla balia dei venti, o sulla quale vengono a ripiegarsi due larghi colli, un lungo e vivacissimo gilet, non diremo disegnato, ma sì inondato di frascami. Scende su questo, ad armacollo, enorme catena d’oro con sospesovi un corrispondente orologio, terminante in molteplici suggelli, a’ quali non manca che l’impronta per dirsi notarieschi. Indossa una chasse (specie di giamberga) di castoro a larghe ali. Non ha guanti, perocché gli parrebbe recar dessi onta alle mani che, non ostante la manifesta contraddizione, godono impertubate il riflesso d’una infilzata di lucide anella, ornamento e sepolcro ad un tempo di presso che tutte le cinque dita.
Compiono il vestire un cappello collocato appunto all’est del capo, ed una grossa canna di zucchero confinante col medesimo. Continua domani – 2