- Ritorna in prigione: ripiomba cioè, nello stato d’animo che aveva mentre era in prigione. E’ da ricordare che la poesia fu scritta a Brancaleone Calabro, dove Pavese era confinato, nell’ottobre 1935.
- L’idea di libertà si identifica, per il carcerato, con la libera, velocissima corsa delle lepri. Ma, una volta libero, l’uomo si ritrova oppresso dalla nebbia d’inverno, dai muri di strade, dall’acqua fredda, e la “prigione” rivive ogni volta che morde in un pezzo di pane.
- dopo: quando sarà tornato in libertà.
- che sapeva di lepre in prigione: che richiamava il pensiero della libertà.
Un commento alla poesia
Il ricordo della prigione non abbandona mai l’uomo che vi è stato. La libertà sognata fra le mura di un carcere non si riacquista uscendone, perché l’isolamento materiale si trasforma in solitudine esistenziale per l’uomo. E’ il concetto essenziale di questa poesia.
I campi arati, il ciuffo di rovi spogliati lungo l’argine, già verde in agosto e, prima, i riferimenti alla città, all’osteria, alla stalla, richiamano il giudizio espresso dallo stesso Pavese su Lavorare stanca, sua prima raccolta poetica, definita “L’avventura dell’adolescente che, orgoglioso della sua campagna, immagina consimile la città, ma vi trova la solitudine e vi rimedia col sesso e la passione che servono soltanto a sradicarlo e gettarlo lontano da campagna e città, in una più tragica solitudine che è la fine dell’adolescenza”.