La morte del padre segnò indelebilmente l’esistenza e il carattere del poeta, che risentì sempre di quella tragedia familiare, trasferendola anche sul piano della meditazione esistenziale e giungendo alla conclusione che gli uomini sono cattivi e che la terra è un atomo opaco del male. La cattiveria degli assassini del padre si allarga a comprendere tutti gli uomini: il poeta ne ritrarrà un atteggiamento di sgomento di fronte alla vita, una sua tendenza a considerare la famiglia il nido tranquillo fuori del quale c’è cattiveria e violenza.
In questa poesia è messo in risalto il dolore della madre che, rassegnata alla perdita del marito, non si rassegna, però, al fatto che gli assassini non vengono scoperti, e, nella sua ansia di sapere, nella consapevolezza che chi sa tace per viltà o per omertà, chiede alla cavalla di confermare i suoi sospetti. Così l’animale si contrappone alla malvagità degli uomini: la cavalla selvaggia ha per il suo padrone tanto amore che, libera dalle briglie, vincendo il suo istinto alla corsa, lo conduce a casa lentamente come se avesse capito che egli è in agonia; l’uomo civile, invece, uccide a bruciapelo e senza motivo un padre buono e giusto.