fiorita collina
tosca: il fratello Dante era sepolto su la fiorita collina
tòsca, cioè a Santa Maria a Monte, un paesello in collina presso San Miniato, e
vicino alla sua era pure la tomba del padre, il dottor Michele Carducci, morto
il 15 agosto 1858.
pur ora: poco fa.
romita: solitaria.
grande e
santo nome: il fratello e il figlio del poeta avevano lo stesso
nome dell’Alighieri, il grande poeta venerato (santo) dai posteri e dallo
stesso Carducci.
che
a te fu amara tanto: al fratello la vita riuscì insopportabile, al punto
di indurlo al suicidio. Si noti il contrasto che viene messo in evidenza da
quell’ ahi no! che introduce i versi seguenti: al bimbo la vita non era amara,
e solo il crudele destino volle strapparlo alle vision leggiadre che gli
sorridevano.
pinte: dipinte dei
colori dei vari fiori.
l’ombra: della morte.
vostre
rive: le rive del regno dei morti.
lo
spinse: anche questa espressione serve a mettere in risalto
la crudeltà della morte, che strappò il bimbo alla vita contro la sua volontà.
adre: nere, buie
(dal latino ater).
Si avverte in questa angosciosa
espressione finale il disperato dolore del padre, che non si rassegna al
pensiero che il bimbo rimanga al buio, senza il dolce sole, e privo della
carezza della madre invocata vanamente con la sua gentil voce di pianto.
Il 9 novembre 1870 moriva di meningite
l’unico figlio maschio del Carducci, il piccolo Dante, che era nato il 21
giugno 1867. Nel darne notizia al fratello Valfredo, il poeta, fra l’altro,
scriveva “Io per me sento che quest’altro pezzo di esistenza mi sarà molto
triste. A febbraio la mia povera mamma; ora il mio bambino; il principio e la
fine della vita e degli affetti. La sua povera mamma è stata 14 giorni con la
morte sugli occhi: figurati. Ora lo veste e gli fa la ghirlanda per mandarlo
nella fossa accanto alla sua nonna. Povero il mio bambino! Pare a sentir
certuni, che la morte di un bambinetto sia miseria leggera e facilmente
comportabile. Non è vero, non è vero”.
Non è difficile comprendere da quale
stato d’animo sia nata questa poesia, scritta probabilmente lo stesso giorno in
cui il poeta vide morire il bambino; il titolo è tratto dal verso famosissimo
di Virgilio “abstulit atra dies et funere mersit acerbo” (Eneide, VI, 429),
dove è detto, appunto, a proposito delle anime dei bambini che piangono
nell’aldilà pagano: “li rapì la nera giornata (della morte) e li sommerse in
una tomba precoce”.
Il Carducci rivolge il suo canto
accorato al fratello morto, che portava lo stesso nome del suo bimbo e che si
era ucciso poco più che ventenne il 4 novembre 1857; gli chiede di accoglierlo
nel regno dei morti, perché non rimanga solo e al buio mentre invoca la luce e
la mamma perduta.